Cosa ci fa Il Nero e l’Argento qui? Siamo ormai nel pieno dell’estate e chi più e chi meno in vacanza con una pila di libri sul comodino finalmente da leggere. Io non potevo non parlarvi di questo romanzo breve che ho appena iniziato e terminato e che trova qui sul mio blog uno spazio che gli casca a pennello.
Il Nero e l’Argento è l’ultimo libro di Paolo Giordano, l’autore dell’indimenticabile La solitudine dei numeri primi, e che ora con questo romanzo torna ad indagare la relazione tra due anime ma lo fa da un punto di vista più maturo. È attraverso la figura della signora A, entrata in casa per occuparsi delle faccende domestiche, una Colf, che l’autore ripercorre la storia del legame di una giovane famiglia.
Nella nostra vita, la vita mia e di Nora e di Emanuele, che a quell’epoca sembrava rivoluzionarsi ogni giorno e oscillava pericolosamente al vento come una pianta giovane, lei era un elemento fisso, un riparo, un albero antico dal tronco cosi’ largo da non riuscire a circondarlo con tre paia di braccia.
È quando la signora A li abbandona che per Nora e il marito arriva il momento di fare i conti con il futuro («Bisogna ricordarsi del futuro signora A, sempre»), con il tempo che insinua dubbi e trascorrendo porta al logoramento dei rapporti.
E poi Nora e io siamo sempre così occupati, così distratti, così stanchi. Viviamo in anticipo nella continua attesa di qualcosa che ci liberi dalle incombenze del presente, senza calcolare le nuove che si apriranno.
Il Nero e l’Argento è un romanzo che racconta l’amore attraverso i gesti casalinghi, la quotidianità vissuta tra le mura di casa.
È una testimonianza in più di come anche ai giorni nostri le figure che si trovano a supportare le famiglie, occupandosi della cura della casa e dei bambini, le colf verrebbe da dire, talvolta divengano le colonne portanti di un’esistenza, senza le quali ci si sente persi.
E non meno importante e secondario è il punto di vista del bambino che, come è naturale, sviluppa un attaccamento e un affetto davvero profondo verso chi si occupa di lui, dimostrando un ruolo centrale in tutto il romanzo.
Lei lo teneva in braccio, cullandolo a lungo quando noi non lo facevamo più da tempo, gli permetteva di essere capriccioso e ripetitivo nelle esternazioni, lo accudiva in ciò che secondo noi avrebbe già dovuto sbrigare in autonomia (ma Nora e io non ci comportavamo allo stesso modo con lei, abbandonandoci alle sue cure?).
Già, non siamo tutti un po’ nella stessa situazione?