Io di maternità ne so, e non solo perché di figli ne ho 3 – che di per sé non è un gran numero, è solo un po’ fuori moda per cui salta più all’occhio. Ne so perché i tre sono arrivati nell’arco di un decennio.
E in un decennio di acqua ne passa sotto i ponti: se la prima figlia è arrivata allo scoccare dei 30 anni, quando da poco avevo cominciato a prendere in considerazione la crema contorno occhi, l’ultimo è arrivato giusto giusto per impedirmi di festeggiare i 40 ballando sui tavoli.
E se proprio esattamente nel mezzo c’è stato chi mi ha tenuto in esercizio con parti senza epidurale, poppate notturne, inserimenti al nido, corse al pronto soccorso e tonnellate di momenti dedicati non a me stessa ma più emozionanti che mai, ecco allora, forse, vi comincia a essere un po’ più chiaro perché di maternità ne so.
Ma poiché questo non è e non vuole essere un mamma blog, ho evitato di riversare qui aneddoti e pensieri circa l’essere o non essere mamma, mi son limitata piuttosto a qualche consiglio mangereccio, o di viaggio nel mio #azonzocoibambini.
Tutto questo valeva fino a oggi. Si perché oggi è successo un qualcosa di molto semplice, di ovvio, di naturale che succede in tutte le famiglie prima o poi ma che per me ha assunto un significato enorme: ho smontato, messo via e archiviato per sempre il lettino con le sponde.
Bene direte voi, e quindi? Quindi questo importante passaggio di crescita che di solito porta cambiamenti anche logistici in una casa per la necessità di ridefinire gli spazi, di organizzare la cameretta per un bambino ormai più grandicello, o di far posto a un nuovo arrivato in quella del fratellino o sorellina maggiore mi ha fatto pensare a un tema che molto ha a che fare con questo blog, ovvero il decluttering.
Si, decluttering, la parola più di moda degli ultimi anni dopo cupcakes e hipster, che altro non vuol dire se non togliere il disordine.
Ma oggi non voglio raccontarvi di come gestire la logistica degli oggetti che entrano e escono in una casa quando c’è un bambino (culla out, lettino in; lettino out, letto a castello in; pannolini out, vasino in), a quello dedicherò un altro post. Oggi voglio parlarvi di come ci si sente quando a essere messa via, archiviata e etichettata con giorno, mese e anno nella soffitta della memoria è una parte di noi, ovvero il decluttering della maternità.
Sì, perché è così che mi sono sentita oggi quando in un colpo, dopo 10 anni di onorato servizio, il lettino che ha accolto e cullato i sonni e risvegli di maschi e femmine, con i suoi paracolpi fatti su misura (con la stoffa che scelsi quando ancora covavo non solo una bambina ma soprattutto tante idee e speranze sull’essere madre) per attutire e rendere dolce la vita, è stato messo via e questa volta per sempre.
Le altre volte sapevo in cuor mio che stavo solo parcheggiando un oggetto temporaneamente in cantina, in un solaio, a casa della nonna o di un’amica. Ma adesso è diverso: quel che metto via non mi servirà più perché un’epoca è finita, perché i miei 30 anni si sono consumati in una vita vissuta davvero intensamente e con un carico di emozioni che faccio fatica a immaginare per il mio futuro. E forse è questa la cosa che mi lascia un po’ di tristezza.
È come quando a 23 anni un ragazzo che avevo amato follemente mi lascio’ e io pensai: ecco ho 23 anni e tutto è già stato dato, ho una vita davanti eppure non amerò mai più nessuno così. E così è stato, nel senso che anche allora per me era finita un’epoca: quella in cui si amava solo con il cuore e con la pancia.
Anche allora ho dovuto mettere in soffitta una parte di me stessa per crescere e lasciare spazio a una donna più matura che sapesse amare col cuore ma anche con la mente. E per fortuna che è andata così, altrimenti ora non sarei qui a rimuginare su come far posto ai miei quaranta e passa anni, al mio essere mamma contemporaneamente di una preadolescente, di un bambino che non ha più bisogno di un lettino con le sponde e di un altro che come una fetta di prosciutto sta schiacciato a metà tra le due fette di pane, dando tanto tanto sapore ma senza dar troppo nello sguardo.
È cosi: i bimbi crescono, i lettini vanno in cantina e noi tra le altre cose si deve far declutter interiore e far spazio alla maturità. E come sempre quando si fa decluttering qualcosa si tiene, qualcosa si butta, qualcosa si regala.
Io il lettino lo tengo, così come mia mamma ha tenuto da parte la mia culla. È stato così bello poter riutilizzare per i miei figli la stessa culla dove ai tempi son stata io, che tante volte ho visto nelle foto in bianco e nero a casa dei miei genitori con vicina una mamma giovane come non ricordo di averla mai vista. È l’idea delle generazioni che si avvicendano ma che si portano dietro (oltre che dentro) un pezzo di storia.
Così, ho deciso, sarà per il lettino e per pochi altri oggetti, scelti dalla prima infanzia di ognuno dei miei figli. Pigiamini indossati appena nati, pupazzi che hanno accompagnato il sonno per anni, libri letti e riletti: poche ma essenziali cose che chiuse in tre scatole ognuna con una bella etichetta col proprio nome restituirà ad ognuno di loro un pezzo della nostra storia.
Decisamente il decluttering della maternità è qualcosa per cui vale la pena far posto nell’armadio non solo di casa ma anche della vita. Anche a voi è capitato? E come l’avete vissuto questo momento?