Oggi, dopo quasi un mese che io e miei bambini abbiamo salpato l’ancora da Milano dove viviamo, voglio condividere con voi le mie riflessioni su cosa secondo me rende veramente Casa una casa.
Tra i motivi per cui mi reputo una persona molto fortunata infatti c’è che, pur essendo nata e sempre vissuta a Milano, che come tutte le grandi città permette di vivere in maniera piuttosto anonima, sono però anche cresciuta sapendo di appartenere a una famiglia dalle origini molto lontane con una storia ricca di personaggi, eventi, imprese, viaggi, avventure che hanno segnato la storia non solo di una famiglia ma di tutto un paese.
E io in questo paese sono tornata tutti gli anni sia in estate che inverno per le vacanze. Posso dire di esserci in gran parte cresciuta, perché chissà come mai ma spesso i bambini è proprio d’estate che fanno i grossi balzi di crescita: le ossa si allungano insieme alle giornate, i piedi crescono e soprattutto le ore libere permettono di accumulare un mare di esperienze nuove.
Così è in questo paesino così particolare, l’ultimo in fondo a una valle che va a sbattere contro il Monte Rosa con i suoi versanti spettacolari ed imponenti, che io mi sento veramente a casa, perchè è qui che sono le mie radici.
È da qui che parte l’albero genealogico della mia famiglia nel lontano 1700, e nel corso degli anni i miei avi hanno lasciato un’impronta unica nella quale io e i miei figli oggi possiamo solo accomodarci, vivendo di una sorta di luce riflessa, consapevoli che siamo l’eredita’ di una gloria passata, di tempi in cui la vita in mezzo ai monti era sicuramente ricca di sfide, impegnativa, dura e molto condizionata dagli eventi naturali.
Anche le case che risalgono a quegli anni sono state pensate e costruite in funzione del clima e dell’ambiente: principalmente di legno, con un piano terra in pietra che oltre a proteggere dall’umidità del terreno permetteva il ricovero degli animali ed un sistema di riscaldamento molto naturale: il calore del bestiame.
Le camere e il soggiorno infatti erano sempre posizionate al di sopra della stalla e riscaldate con una stufa ollare. Al piano di sopra invece, tutto interamente di legno, c’era il fienile e una balconata che correva lungo tutto il perimetro chiamata “lobbia” dove si metteva ad essiccare il fieno al coperto dal tetto cosi’ da essere protetto dalle piogge. Le case poi erano tutte addossate al terreno cosi’ da non essere travolte da eventuali valanghe e molto vicine le une alle altre: i tetti spesso si sfioravano, in questa maniera si creava un camminamento protetto dalla pioggia e dalla neve.
Oggi per me vivere in un’antica casa di legno e tornare in quel posto di anno in anno con i miei figli, vederli crescere negli stessi luoghi dove io ho trascorso la mia infanzia, correre negli stessi prati, fare le stesse passeggiate, mangiare le stesse pietanze tipiche, salutare tutti quando cammino per strada, e’ sinonimo di essere a Casa. Adoro pensare che piano piano anche i miei figli attraverso le loro esperienze e vacanze stiano costruendo il loro vissuto di appartenenza a un luogo, il nostro.
Non a caso è qui, a 3000 metri d’altezza, davanti a una minuscola cappella che io e mio marito ci siamo scambiati la promessa di amarci e onorarci per tutta la vita. Perché forse Casa e’ dove vive il cuore di ognuno di noi. Avete capito di che paese vi ho parlato? E voi dov’è che vi sentite veramente a Casa?