Inauguro oggi una rubrica che mi frullava in testa da un sacco di tempo perché ho realizzato che spesso e volentieri gli uomini sono molto più casalinghi e pignoli sulle faccende domestiche di quanto lo siamo noi donne.
#mammoAchi sarà quindi una serie di interviste a uomini che ho conosciuto personalmente o virtualmente e a cui porrò domande (anche piuttosto personali) per avere una testimonianza su quanto ci si divida effettivamente ruoli e compiti all’interno delle famiglie italiane, anche le più hipster!
Partiamo quindi con il primo e illustrissimo #mammoAchi che è niente poco di meno che Francesco Ambrosino, ovvero il SocialMediaCoso più generoso del web.
Francesco io pensavo che Socialmediacoso fosse un’espressione di quelle che manco sai da dove originano, e invece sei tu che hai coniato tale espressione o l’hai adottata perché rispecchia un tuo modo di concepire il tuo lavoro?
Ciao Daniela, e grazie per questa intervista “diversa”. L’espressione “socialmediacoso” non l’ho creata io, esiste da qualche anno, insieme ad altre simili come “socialcosi” o “webcosi”. Ho deciso di creare un blog con questo nome perché la parola manager in Italia fa sempre pensare al Mega direttore Galattico di Fantozzi o a Marchionne, insomma businessman molto importanti e famosi, mentre in realtà non è altro una persona che gestisce qualcosa.
Ecco, essendo io molto distante dall’immagine del businessman giacca e cravatta, che firma contratti milionari e va in giro in Ferrari, avevo difficoltà a definirmi un Social Media Manager, quindi l’espressione socialmediacoso mi aiuta a dire che mi occupo di social media ma che non guadagno milioni di euro.
Noi ci siamo conosciuti sulle pagine di #adotta1blogger ma nella realtà vivi a Mugnano del Cardinale, in provincia di Avellino. Aiutami a capire come il sud dell’Italia recepisce i social: come lo spieghi in giro il tuo lavoro?
Non lo spiego, e non è un caso che io abbia clienti solo da Roma in su.
La provincia del Sud è fatta di luoghi comuni, ignoranza, diffidenza, arroganza, e traffico. Sì, perché qui sono tutti disoccupati però il macchinone se lo comprano comunque.
Io non amo vivere qui, e lavoro con la speranza un giorno di potermene andare, soprattutto per i miei figli, perché farli crescere qui vuol dire legargli un peso ai piedi, come i carcerati in passato. Ogni giorno mi trovo a vivere in un controsenso perenne, perché da un lato c’è un tessuto sociale, culturale ed economico che, nella migliore delle ipotesi, è rimasto indietro di trent’anni, e dall’altra ci sono migliaia di persone che lavorano sul web, più o meno capaci.
All’inizio la cosa mi destabilizzava, poi con il tempo ho capito: qui non c’è lavoro, non ci sono opportunità né stimoli, non esistono luoghi di svago culturali, quindi tutti quelli che, come me, sentono questa mancanza, si sono messi al computer ed hanno cercato di evadere, trasformando quell’evasione in un lavoro. Non so come sia la provincia del Nord, però qui è dura!
Da sempre, voi gente del sud, siete più chiacchieroni e cordiali. Questo secondo te è un limite o un’opportunità quando si tratta di usare i social?
Dipende, perché la linea tra cordialità e invadenza è molto sottile, e si rischia facilmente di oltrepassarla. Noi del sud siamo più aperti all’interazione sociale, questo è vero, ed è decisamente un vantaggio, a patto che ci sia della sostanza a supporto della chiacchiera. Però una cosa è certa, se passi cinque minuti con un “terrone” ti diverti un casino!
Più di una volta ti sei definito un “mammo”, spiegami: anche in questo caso sei un po’ un coso, un alieno o stiamo davvero andando verso una maggiore parità?
Io ho deciso di diventare padre, non è capitato per caso né mi è stato imposto, anzi, ho anche anticipato i tempi rispetto alla media della mia generazione. Mi piace fare il papà, e non sopporto quelli che lo fanno “schiattati in corpo” (versione napoletana di “controvoglia”), perché puoi scegliere se farlo oppure no un figlio, non sei mica obbligato.
L’idea che il padre sia solo quello che porta i soldi a casa, torna stanco da lavoro e “non deve essere disturbato” è molto triste, e anche se io torno a casa stanco dal lavoro sono felice di stare un po’ con i miei figli, dare da mangiare alla piccola Luisa, guardare i cartoni con Nicolò, fare un puzzle, giocare con le costruzioni o le macchinine.
Io ho tanti difetti, sono burbero e scontroso, e anche severo, però non voglio che un giorno i miei figli mi accusino di non essere stato presente. Quello non potrei sopportarlo. Non ho un buon rapporto con i miei genitori (per usare un eufemismo) e spero di non commettere gli stessi errori anche io. Siamo nel 2015, è tempo di cambiare.
A parte i figli come vi dividete il lavoro domestico tu e tua moglie?
La mattina mi sveglio presto perché vivo lontano da Napoli, dove lavoro, quindi mi occupo io di mettere in ordine cucina e soggiorno, invasi dai giocattoli dei miei figli. Mi piace lavare i piatti, la trovo un’attività molto rilassante, mi occupo io della spazzatura, visto che sono un po’ fissato (sciacquo i piattini di plastica dopo le feste, per dire!), facciamo i turni per portare Nicolò a fare la nanna, leggendogli una favola, e per addormentare la piccola Luisa, mi stiro i vestiti la mattina per risparmiare la fatica a mia moglie, che odia stirare, e se ha qualche impegno di lavoro provvedo io a cucinare per i bimbi. Non si sono mai sentiti male, quindi si fida.
Lei è una cake designer, e quando lavora ad un dolce la aiuto a lavare tutte le stoviglie, le teglie, le ciotole, mettendo un po’ di ordine in quello che, altrimenti, sembrerebbe l’epicentro di un’esplosione. Una cosa che mi rompo proprio di fare è stendere i panni ad asciugare, perché sembra una fesseria che impiega un minuto, invece ogni volta che tocca a me quella bacinella diventa la borsa di Mary Poppins, non finiscono mai. Ho ancora il sospetto che mia moglie lo faccia apposta, ma non ho dati a sostegno della mia tesi. Insomma, cerco di dare un mano, ma soprattutto di ridurre al minimo il mio impatto ambientale.
Di’ la verità: pulisci il lavandino dopo esserti fatto la barba??
Beh, io la barba la porto lunga, quindi il problema si presenta ogni due/tre settimane, quando mi faccio “anima e coraggio” e me la sistemo (sono molto pigro). Cerco di pulire tutto, faccio del mio meglio, ma non sempre basta. Poi mia moglie ha un talento innato, riesce a vedere i miei peli in bagno anche quando non ci sono andato. Insomma, io ci provo, però mi sa che devo impegnarmi di più.
Tata o Colf?
Una colf: non mi fa impazzire l’idea che a crescere i miei figli sia qualcuno pagato per farlo. Certo, quando c’è la necessità e non ci sono familiari che possono (o vogliono) dare una mano, la Tata è essenziale, ma se si può evitare è meglio, secondo me.
Verresti a Milano solo per visitare Expo?
No, ma evito di spiegarti per quale ragione perché diventerebbe una sorta di comizio politico, e non mi sembra il caso. A Milano verrei per mangiare da Cracco. Appena faccio i soldi, vengo di corsa!